Innovativi percorsi di riabilitazione strutturati in visite e gite accompagnate per donare ai pazienti di Villa dei Fiori non solo occasioni di socializzazione ma anche opportunità di acquisire nuove nozioni e di vivere nuove esperienze al di fuori della struttura, su cui confrontarsi e scambiare opinioni.
Sette pazienti di Villa dei Fiori sono state lunedì scorso in visita per l’intera giornata alla Fattoria biologica Vannulo di Capaccio, una delle realtà leader nella produzione di mozzarella di bufala, ricotta e yogurt. “L’iniziativa – spiega la fisioterapista Emilia Coppola, che ha accompagnato il gruppo formato esclusivamente da donne – si è articolata in un tour accompagnato da personale interno del caseificio, che ha condotto le pazienti in visita al Museo della civiltà contadina, all’allevamento, all’orto con coltivazioni biologiche, ma anche ad un momento di sosta e relax al bar interno del caseificio. Le ragazze hanno visitato l’allevamento di bufale, e seguito tutto il percorso del massaggio e della mungitura, fino alla produzione finale dei latticini”.
Il tour rappresenta “una iniziativa innovativa, mai svolta in passato – spiega ancora la dottoressa Scarpa – che rientra in uno specifico percorso riabilitativo che guarda a percorsi di socializzazione all’esterno della struttura sanitaria. Abbiamo già sperimentato felicemente, nei giorni scorsi, giornate in agriturismo anche con ragazzi autistici, proprio per studiarne il comportamento nel sociale. L’ottimo riscontro registrato ha indotto lo staff medico di Villa dei Fiori a potenziare questi progetti e queste opportunità”.
Il tour da Vannulo è stato particolarmente apprezzato: le sette degenti ne hanno parlato a lungo con la dottoressa Scarpa e gli accompagnatori durante il viaggio di ritorno ma – aspetto ancor più gratificante – ne hanno meticolosamente raccontato i dettagli al rientro in struttura”.
“Continueremo su questa strada – conclude la dottoressa Scarpa – sempre che questo ci venga consentito delle assurde vicissitudini che stiamo vivendo con il Distretto. È evidente che simili percorsi riabilitativi e simili esperienze, sarebbero assolutamente improponibili in una Rsa”.